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La storia del Nuovo Corviale

 

Corviale è un’area del Municipio XI di Roma Capitale identificata come zona urbanistica 15F; si trova tra le zone del Buon Pastore (16B), dei Colli Portuensi (16A) del Trullo (15D) e della Magliana (15E).

A Roma Corviale è più che altro identificato con l’edificio-quartiere il cui nome esatto è “Nuovo Corviale”, ma è più spesso chiamato “il Serpentone”.

Il complesso è formato da due palazzi posti uno di fronte all’altro che si snodano per circa un chilometro e nove piani d’altezza, e da un altro edificio più piccolo, posto orizzontalmente al primo, collegato tramite un ponte. Esiste inoltre un terzo edificio separato, posto trasversalmente ai primi due.

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, Roma viveva una vera emergenza abitativa con un numero stimato di 70.000 persone che abitavano in baraccamenti.

Furono quindi lanciati dei piani di edilizia popolare ed economica, tra cui ci furono le Torri di Tor Bella Monaca, il Laurentino 38 ed, appunto, il Nuovo Corviale.

Nel 1972, il progetto viene affidato dall’Iacp (Istituto autonomo case popolari che divenne proprietario dell’immobile) ad un’équipe di 23 progettisti diretta dall’architetto Mario Fiorentino; è nel 1975, però, che ha effettivamente inizio la costruzione dell’immobile, i cui primi appartamenti vengono consegnati solo nell’ottobre 1982. Il comprensorio, costruito in acciaio, pannelli di cemento armato e pareti vetrate, è composto da sei lotti abitati complessivamente da circa 6000 persone: un alveare umano formato da 120 nuclei familiari.

Il progetto architettonico di Corviale si basò sulle moderne teorie dell’architettura europea dei primi decenni del Novecento, in particolare a quella dello svizzero Le Corbusier, che realizzò l'Unité d'habitation di Marsiglia e la Corbusierhaus di Berlino.

Proprio a queste costruzioni, che hanno alla base una forte componente di utilità sociale, si ispira Fiorentino; la novità architettonica consiste non tanto nel costruire un edificio destinato ad essere abitato da 6.000 persone, quanto di renderlo veramente autonomo, in grado di offrire servizi suoi propri all’intera collettività che lo abita e lo vive giorno dopo giorno. 

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